Perché riprendere un capolavoro del passato e riproporlo nel nostro tempo? Una semplice spinta
commerciale o forse una storia tremendamente attuale?
“Un borghese piccolo piccolo” è un romanzo straordinario di Vincenzo Cerami da cui è stato tratto,
in un secondo tempo, il capolavoro cinematografico di Monicelli. Il romanzo, che diverge dal film in
alcuni nodi narrativi essenziali, è un ritratto di agghiacciante attualità. La peculiarità del romanzo è
la tinta grottesca, che si cerca di ripercorrere nell’adattamento di Fabrizio Coniglio, con cui Cerami
descrive le umili aspirazioni del protagonista Giovanni, il borghese piccolo piccolo. Quella che
metteremo in scena sarà infatti una tragicommedia che nella prima parte regalerà momenti di
comicità a tratti esilarante. Il Borghese piccolo piccolo è Giovanni Vivaldi, un uomo di provincia che
lavora al ministero, il cui più grande desiderio è quello di “sistemare” suo figlio Mario, proprio in
quel ministero in cui Giovanni lavora da oltre trent’anni. Ma come ottenere una raccomandazione
per il figlio? Ecco l’inizio della sua ricerca disperata di una “scorciatoia”, in questo caso rappresentata
dalla Massoneria, per garantire un futuro al figlio. Le aspirazioni, il desiderio di raggirare le regole
che una società democratica e civile impone, sembrano quasi connaturate nell’animo di ogni
cittadino italiano.
La Scorciatoia o la raccomandazione è avvertita dalla nostra società come qualcosa di necessario
per sopravvivere: forse, in fondo, non crediamo più nella possibilità di essere tutti uguali di fronte
alla legge e nelle pari opportunità di emancipazione sociale ed economica. Questo è lo snodo più
fortemente attuale della storia che metteremo in scena. Racconteremo questo grande romanzo
classico con il sorriso, che solo i grandi autori come Vincenzo Cerami hanno saputo e sanno ancora
regalarci. Per questo motivo ci affidiamo all’arte di un grande interprete del nostro Teatro: Massimo
Dapporto, capace di rendere il ridicolo e il tragico nello stesso tempo, regalando grande umanità e
semplicità alla famiglia Vivaldi.
TRAMA
Giovanni e Amalia discutono di come il figlio Mario potrà trovare un lavoro ora che ha conseguito
il diploma di ragioniere. Giovanni apprende che si terrà un concorso per 1200 nuovi posti allo
stesso ministero in cui lavora. Giovanni decide di iscrivere Mario, ma sapendo che lui non
potrebbe farcela, va a chiedere al capufficio se può favorirlo. Il dirigente gli spiega che nel
concorso vi sono due prove, una orale e una scritta; in quella orale può favorire Mario, ma in
quella scritta no. Il capufficio, però, vedendo Giovanni abbattuto, gli chiede se è disposto ad
entrare nella Massoneria, in modo da poter conoscere anche lui il contenuto del test, usufruendo
dei “vantaggi” che godono i membri della loggia.
Giovanni accetta, entra nella Massoneria e, qualche settimana prima del concorso, ottiene dal
capufficio le risposte dell’esame, che fa imparare a memoria a Mario. Il giorno del concorso
Giovanni e Mario si stanno recando al ministero, ma dei rapinatori che stanno scappando sparano
e accidentalmente colpiscono Mario che muore. Amalia, per il dolore della morte del figlio, rimane
vittima di una trombosi. Giovanni si abitua al nuovo modo di vivere, ma un giorno, quando si reca
in questura per vedere i sospettati, riconosce l’assassino e non dice niente.
L’assassino viene rilasciato e mentre ritorna viene seguito da Giovanni che lo cattura e lo porta
nella sua baracca vicino al lago dove con del fil di ferro lo lega e lo imbavaglia quasi fino a
strozzarlo e lo tortura per diversi giorni. Nei giorni seguenti l’assassino muore, Giovanni va in
pensione, ma proprio lo stesso giorno dell’agognato traguardo Amalia muore. Dopo i funerali,
Giovanni ritorna a seppellire l’assassino e poi ritorna alla sua vita di prima.